Collez. Pignatelli

La duchessa Melina Pignatelli della Leonessa merita una particolare menzione per la sua grandezza d’animo. (1917-2002)

“Melina fin da Giovanissima mostrò il suo interesse per le arti. All’età di sedici anni, suo padre Peppino Matarazzo di Licosa, grande amante dell’arte, collezionista e mecenate, le fece fare un ritratto dallo scultore De Veroli; il Maestro non riuscendo a far star ferma la ragazzina, le mise della creta in mano per tenerla occuputa, così nacque la sua passione per la scultura che a fasi alterne coltivò fino agli ultimi anni della sua vita. Donna molto schiva, solo negli anni Settanta espose le sue sculture a Positano, spinta dal maestro Girosi che era stato invitato dall’ente per il Turismo e che la volle con lui. Nel ’92 fu un altro amico, Max Vajro a convincerla ad esporre le sue opere alla Casina Pompeana in Villa Comunale.
Infine per festeggiare i suoi ottant’anni nel ’97, poichè non amava i clamori mondani, anche se spesso ne fu protagonista, si organizzò al Suor Orsola Benincasa, una mostra delle sue sculture ed un concerto. Al Suor Orsola Benincasa negli ultimi anni si era molto legata, tanto da fare in modo che la famiglia Pignatelli donasse all’Istituto Universitario la chiesa di S. Maria dei Pignatelli che fin dal trecento le apparteneva.
Giovanissima si sposò con Carlo, matrimonio d’amore tra due persone che più diverse non potevano essere. Il matrimonio le fece scoprire S. Martino Valle Caudina, ex feudo della Leonessa, dove il marito possedeva delle terre che lui stesso amministrava, un palazzotto, dove passavano parte dell’estate, ed un castello medievale in abbandono.

S. Martino fu per lei amore a prima vista, le dette grandi delusioni e alcune soddisfazioni. Dopo la guerra, quelle zone erano economicamente molto depresse e soggette al fenomeno dell’emigrazione.
Melina, sempre impegnata nel sociale ed un vero vulcano di idee, pensò di realizzarvi un laboratorio di tessitura. Voleva raggiungere due scopi: dare lavoro ad alcune ragazze e nello stesso tempo valorizzare un artigianato in via di estinzione. Dal laboratorio, dotato di nove telai semiautomatici uscirono tessuti di grande pregio.
La sua grande passione fu il castello. Cominciò subito, nonostante l’incredulità del padre e del marito, con pochi capitali, il “suo” restauro. Lavorò per circa trent’anni, seguendo personalmente i cantieri, istruendo operai ed artigiani trascinati dalla sua passione. In tale veste si interessò della valorizzazione dei castelli di Napoli, non fruibili ed in pessime condizioni, fino ad ottenere per merito dell’indimenticabile On. Francesco Campagna la Legge speciale per Napoli, che finanziò il restauro prima di Castel dell’Ovo e poi di S. Elmo.

Melina amava molto la sua Napoli, e si impegnò a farne conoscere ed apprezzare le sue bellezze. Nel 1971 fu nominata Ispettore Onorario della Soprintendenza ai Monumenti della Campania, nomina di cui ella andava molto fiera.
Altro amore furono i giardini, lavorò per creare in Campania una sezione del Garden Club, di cui fu a lungo presidente e fino alla fine presidente onoraria; collaborò con il dott. Landi per far nascere Napoli Flora. Con Rivetti organizzò una stupenda mostra di orchidee a Villa Pignatelli e con la Società Italiana della Camelia, realizzò nel 1980 la prima mostra delle camelie, che ancora oggi si organizza con cadenza biennale.
La Giunta Camerale dell’Industria, Artigianato e Agricoltura la nominò componente della Consulta Economica Provinciale.
La musica fu un interesse prioritario durante tutta la sua vita. Diplomatasi di nascosto dai suoi genitori al Conservatorio di S. Pietro a Maiella di Napoli (in violino a 18 anni ed in canto a 22) sotto la guida di Rachele Marigliano-Mori, partecipò ai concerti di musiche trobatoriche curate dal dal prof. Ugo Sesini. Come concertista, carriera ostacola prima dai genitori e poi dal marito, si dedicò alla musica da camera italiana, tedesca e francese. Cantò con l’orchestra Scarlatti al Conservatorio di Napoli (1953) ed a Parigi per la Radio Tele Diffusion Francaise (1954). Nel 1945 fondò, con il maestro Vincenzo Vitale e Galeazzo Imperiali l’Orchestra da camera di Napoli divenuta in seguito Orchestra Scarlatti.”

“Per volontà di Fabio Pignatelli e dei fratelli Gianni e Ornella, gran parte del corredo personale di Melina Pignatelli è stato donato alla Fondazione Mondragone.

Abiti, accessori, oggetti d’affezione, legati alla storia personale e di quella della propria famiglia percorsa nelle tre generazioni e seguenti. Dai corsetti, ai fazzoletti e dagli ombrellini di Giulia Marulli di San Cesario (Napoli,15/11/1852 † 8/5/1943), moglie di Alfonso (Napoli, 12/11/1851 † 6/3/1924), al corredo personale, degli anni quaranta di Melina ed ai primi del abiti da cerimonia della piccola Ornella, possiamo ripercorrere e ricucire una storia fatta di attenzione, cura e riuso del corredo personale e della biancheria. Una donna, una storia, un percorso di vita, un’epoca e le sue trasformazioni; luoghi, costumi, relazioni, passioni e quant’altro può proporre una nobile figura vissuta in sintonia con il proprio contesto di appartenenza ricco di storia, di tradizioni e di vissuto femminile.
Cura che ben si inquadra nella personalità di Melina, donna estrosa e creativa e, allo stesso tempo, dotata di una spiccata volontà imprenditoriale rivolta al recupero delle giovani generazioni della Valle Caudina, territorio amato e sua residenza, dove ebbe modo di impiantare un laboratorio per la lavorazione di tessuti di pregio e dove, contemporaneamente, affrontò con indiscutibile tenacia il restauro del castello. Con la stessa grinta si occupò di diffondere il ricco patrimonio culturale locale attraverso la fondazione della sezione campana dell’Istituto Italiano dei Castelli e del Garden Club.

Tutto questo senza trascurare le proprie inclinazioni artistiche rivolte alla scultura e alla musica nonchè all’attenzione per i suoi tre figli Fabio, Gianni ed Ornella, in ciò senza il conforto del marito presto scomparso.
Con la Donazione Pignatelli si compie, dunque, un primo passo cercato e dovuto per celebrare e rendere omaggio ad una precorritrice dei tempi, ma anche ad una donna d’impresa, mecenate, educatrice, artista , madre e moglie. Il contesto che la accoglie è il luogo giusto, in quanto fondato da un’altra donna straordinaria: Elena Aldobrandini. Si perpetua, seppure con il rinnovamento dovuto per il trascorrere del tempo, una tradizione che vide protagoniste donne aristocratiche e di cultura, che interpretarono e affermarono silenziosamente, con la modestia dell’intelligenza, il proprio ruolo nella società.
La missione della Fondazione Mondragone prosegue e si arricchisce di questo nuovo fondo, rafforzando sempre più il ruolo istituzionale di garante della cultura vestimentaria partenopea, coniugando la storia del gusto e, quindi della moda, con il vissuto, con la pratica artigianale e, al contempo, con la diffusione della storia di quel fare che rese Napoli Capitale delle attività sartoriali passate per porle all’attenzione delle giovani generazioni.

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